La procura di Milano ha disposto un sequestro preventivo d’urgenza di 121 milioni di euro per frode fiscale ad Amazon Italia Transport Srl, la filiale italiana del gigante del e-commerce fondata da Jeff Bezos. Il provvedimento, eseguito dalla Guardia di finanza, rientra nell’ambito delle inchieste dei magistrati Paolo Storari e Valentina Mondovì sulla gestione della manodopera di grandi aziende italiane e multinazionali: la tesi della procura guidata da Marcello Viola è che esista un sistema di serbatoi di manodopera messo in atto da queste società per abbattere i costi del lavoro tramite una serie di cooperative e consorzi filtro a cui vengono appaltati in maniera irregolare i servizi di logistica, facchinaggio e vigilanza privata. Nelle altre inchieste, che hanno riguardato tra le altre Dhl, Gls, Uber, Lidl, Brt, Geodis, Esselunga, Securitalia, Ups, Gs del gruppo Carrefour e Gxo, i magistrati hanno evidenziato come i lavoratori dei servizi in appalto fossero costretti a essere assunti da queste società filtro, o consorzi, perdendo contributi previdenziali e assistenziali. Il presunto schema ipotizzato dalla Procura si realizzava con fatture false ed evasione dell’Iva. Le inchieste hanno finora portato al versamento da parte delle aziende coinvolte di circa 500 milioni di euro all’erario, alla stabilizzazione di circa 14mila dipendenti e ad aumenti di stipendio per circa 70mila.
L’inchiesta su Amazon Italia Transport Srl
In una nota il procuratore Viola come i rapporti «di lavoro con la società committente sono stati “schermati” da società “filtro” che a loro volta si sono avvalse di diverse società cooperative, dette società serbatoio, che hanno sistematicamente omesso il versamento dell’Iva, nonché degli oneri di natura previdenziale e assistenziale». Amazon Italia avrebbe stipulato finti contratto di appalto con società terze da cui attingere manodopera, in uno schema piramidale che la vede al vertice. In apparenza il servizio di ultimo miglio veniva affidato a terzi, ma di fatto era controllato direttamente dalla società madre. «Attraverso i propri dispositivi tecnologici», scrive la Procura, «esercita poteri direttivi organizzando l’attività complessiva di distribuzione e consegna merci, compresa quella relativa alla cosiddetta consegna “di ultimo miglio”, in apparenza appaltata a fornitori, esercitando direttamente nei confronti dei singoli corrieri, formalmente dipendenti dei fornitori, i poteri specifici del datore di lavoro, anche nel controllo del loro operato». Amazon Italia poi si serve del proprio algoritmo gestionale per monitorare nel dettaglio i corrieri e stilare delle schede con le performance medie, anche attraverso la geolocalizzazione e la stima dei tempi di consegna. «Il ciclo di consegna viene elaborato dal software considerando un tempo complessivo pari a 400-500 minuti, decorrenti dall’avvenuta esecuzione della prima consegna», scrive la Procura nel decreto di sequestro, «il tempo di materiale esecuzione della consegna del pacco al cliente è uniformemente quantificato dal software in tre minuti». Un controllo così capillare e certosino del lavoro dei corrieri che mal si sposa con il fatto che risultavano assunti da società terze.
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