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Il caso di caporalato in una cooperativa di Padova: «I migranti lavorano senza paga, senza cure, e vivono in case fatiscenti»

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Caporalato ed estorsione. Sono queste le ipotesi di reato che pendono su un 48enne padovano presidente di una cooperativa posta sotto sequestro dalla Squadra Mobile di Padova per aver sfruttato migranti irregolari. I primi accertamenti rivelano che la cooperativa non partecipava alle gare d’appalto per l’accoglienza delle persone immigrate. Ciononostante la società avrebbe costretto gli stranieri a lavorare in mansioni di assemblaggio ed etichettatura senza pagarli, senza fornire assistenza medica o infortunistica e facendoli vivere in strutture fatiscenti. Si tratta di 19 persone richiedenti asilo stanziate in Italia in attesa di permesso di soggiorno provenienti da diversi Paesi africani come il Burkina Faso, il Senegal, la Costa D’Avorio, il Mali e la Guinea. Il tutto, sempre secondo gli accertamenti, sarebbe avvenuto grazie a un concordato di patto formativo volontario di durata di almeno tre mesi che il 48enne sottoponeva agli stranieri. Chi non accettava rischiava di perdere vitto e alloggio.

Il reclutamento in carcere

Secondo quanto riporta Oggi Treviso, parte del reclutamento si sarebbe svolto anche nel carcere di Rovigo. Solo pochi dei braccianti impiegati erano regolari in Italia, e la cooperativa aveva un’altra sede a Pianiga, in provincia di Venezia. La vicenda è emersa in seguito alla perquisizione in casa di un uomo tunisino nel 2019 con un passato nella cooperativa. Risulta anche l’esistenza di una seconda cooperativa con sede nello stesso capannone. Era quella a gestire il Centro per l’Accoglienza Straordinaria a cui venivano affidati i migranti. Questi accettavano il patto formativo volontario per paura di non avere più un luogo dove stare e di perdere il denaro fornito loro dalla prefettura per il loro periodo in Italia.

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