I genitori affidatari accusati di aver abusato della figlia per 15 anni, di averla ridotta in schiavitù e di averla stuprata durante riti satanici e messe nere, sono stati assolti in rito abbreviato dalla giudice dell’udienza preliminare (gup). Il caso è molto noto alle cronache per l’entità della vicenda e per essere finito in diversi programmi televisivi, a più riprese, in questi anni. A denunciare i due era stata la stessa ragazza che aveva vissuto con loro dal 2000 al 2015. E che aveva rivelato un inferno che, però, secondo la gup «non sussiste». La giovane era stata affidata alla coppia comasca quando aveva appena 18 anni.
Le sevizie
Stando alle accuse che aveva mosso contro i genitori affidatari, questi l’avrebbero costretta più volte a partecipare a riti satanici, durante i quali sarebbe stata stuprata da diversi uomini. Il tutto sarebbe accaduto in uno studio di registrazione insonorizzato. Oltre a essere immobilizzata su un tavolo e seviziata con la lama di un coltello con cui le venivano inferte incisioni sulla schiena e sulle gambe. E a mettere in atto il rito sarebbe stata la madre affidataria. Che le faceva il segno della croce sulla fronte pronunciando delle preghiere con frasi cantilenanti. Le dichiarazioni della donna, le numerose relazioni psichiatriche, l’assenza di testimoni e di prove hanno portato la giudice a non ritenere credibile il racconto. La denuncia era stata presentata a Firenze nel 2021 e poi trasferita per competenza a Milano, dando il via all’inchiesta del pm Stefano Ammendola.
Le relazioni psichiatriche: «È ambigua e incoerente»
Il pm aveva chiesto per i due pene fino a otto anni. Ma i medici che l’hanno analizzata l’hanno definita «ambigua, ondivaga, incoerente, ambivalente». Oltre al fatto che numerose sue dichiarazioni sono state smentite da dalle indagini. Ad esempio, dei 15 anni che lei ha indicato come periodo in cui avrebbe subito le violenze e i riti satanici, in realtà è rimasta nella casa dei due «solo per pochi mesi». E degli abusi, ha sottolineato la giudice, «non sussistono riscontri diretti». Intanto, l’avvocato della donna, Massimo Rossi, ha già fatto sapere che non hanno intenzione di mollare. «È una vicenda veramente allucinante e di prove nel fascicolo ce ne sono in quantità industriale. Il pm ha fatto un’indagine capillare», ha commento. Per poi definire la sentenza «un’offesa» verso la presunta vittima. «Io mi batterò fino in fondo», ha concluso.
Foto di copertina da archivio
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